
Urbanistica: Nelle ordinanze di demolizione di manufatti abusivi la motivazione è in re ipsa e non occorre comunicare l’avvio del procedimento, trattandosi di atto vincolato.
L’ingiunzione di demolizione non è impedita dal sequestro penale del manufatto abusivo.

Urbanistica: Nelle ordinanze di demolizione di manufatti abusivi la motivazione è in re ipsa e non occorre comunicare l’avvio del procedimento, trattandosi di atto vincolato.
L’ingiunzione di demolizione non è impedita dal sequestro penale del manufatto abusivo.
L’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo consiste in un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. Questo è uno dei dicta più rilevanti di recentissimo Arresto del Consiglio di Stato (sez. VII – sent. 1721).
I Giudici di Palazzo Spada hanno anche precisato che la concessione di pascolo, peraltro su area demaniale, non comporta in alcun modo il rilascio implicito di titolo edilizio per l’edificazione di manufatti per ricovero animali.
Altro importante principio, ricavabile dall’arresto in parola, è che <<l’esecuzione dell’ingiunzione comunale di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi non è impedita dall’avvenuto sequestro penale del manufatto abusivo.>> Verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’Amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento, che ripristina lo status quo ante, “essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore”.
Ribadendo l’orientamento consolidato del Consiglio Stato, [VI sez., 15 aprile 2019, n. 2438], il Collegio spiega che, in virtù della natura vincolata dell’ordine di demolizione, non è necessaria la preventiva comunicazione di avvio del procedimento.
Lo studio Ius&Lawyers ha difeso l’Ente Territoriale (già vittorioso in prime cura avanti al TAR Lazio – Latina) avanti al supremo consesso della Giustizia Amministrativa, avverso il ricorso in appello di un allevatore, che – concessionario di suolo pubblico limitatamente al pascolo – ha realizzato “opere totalmente abusive (in quanto non assistite da alcun titolo edilizio) e realizzate in area di proprietà comunale”.
L’allevatore non avrebbe neppure potuto vantare la legittimazione per richiedere un titolo abilitativo postumo (in sanatoria), atteso che non è proprietario del terreno su cui ha edificato.
I Giudici hanno infine chiosato nel senso che <<l’autonomia degli accertamenti sottesi alle vicende amministrative e a quelle penali in tema di abusivismo edilizio (nonché la non totale coincidenza e sovrapposizione fra i relativi presupposti) non impedisce all’autorità amministrativa di adottare provvedimenti di carattere repressivo e ripristinatorio nelle more dell’accertamento dell’eventuale responsabilità anche penale dell’autore dell’edificazione abusiva; in materia di abusi edilizi, il sequestro penale dell’immobile non influenza la legittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino. Il contemperamento con le esigenze della difesa si realizza, ritenendo che il termine assegnato dall’ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre sin quando l’immobile rimane sotto sequestro, restando all’autonoma iniziativa della difesa ovvero della magistratura inquirente attivare gli strumenti che al dissequestro possono condurre (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, VII, 2 ottobre 2019, n. 6592).>>
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